– Lunedì 5 MAGGIO 2025 – Era un venerdì, quel 5 maggio 1972. Una data che segna uno degli avvenimenti più tragici, oscuri della storia dell’aviazione civile italiana. Poco dopo le ore 22.20, uno schianto interruppe il volo Alitalia 112, che dall’aeroporto romano di Fiumicino era diretto a quello di Punta Raisi (ora intitolato ai magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino), e la vita delle 115 persone a bordo dell’aereo tra cui 108 passeggeri: due di loro erano gli alcamesi Giovanni Cavataio e Giuseppe Filippi. L’aereo andò ad impattare su un crinale, alto 935 metri, della Montagna Longa che sovrasta Carini e che è ben visibile anche da Alcamo e da tutto il Golfo di Castellammare. Quella sera, da Carini gli sguardi della folla radunata in piazza per l’ultimo comizio prima delle elezioni politiche che erano in programma per la domenica successiva, furono calamitati dall’improvvisa vampa causata dall’esplosione di quell’AZ 112, distruttosi sulla montagna: lo scenario fu impressionante, con frammenti dell’aereo e corpi umani incendiati che rotolavano lungo il costone roccioso.
Tra le vittime di Montagna Longa si annoverano anche personaggi illustri: il magistrato Ignazio Alcamo, il regista Franco Indovina, i giornalisti Angela Fais, Alberto Scandone e Francesco Crispi, il figlio dell’allora allenatore della Juventus, Čestmyr Vycpàleck, l’ispettore generale del Banco di Sicilia, Carmelo Valvo.
Ancora oggi, i familiari delle vittime chiedono di conoscere la verità sulla sciagura aerea, su cui furono aperte inchieste ma senza che in oltre mezzo secolo, come sostengono i parenti stessi, si fosse trovato, nel muro di incertezza, di sospetti e di ipotesi, un concreto squarcio utile a fare piena luce sulla causa della strage, tra l’altro avvenuta in uno dei periodi di più alta tensione sociale e politica della storia italiana e siciliana del dopoguerra.
E anche oggi, nel cinquantatreesimo anniversario, la grande croce realizzata nel luogo del disastro è stata meta del triste pellegrinaggio per la commemorazione, organizzata come di consueto dalla chiesa Madre di Carini (dalla cui pagina Facebook sono tratte queste immagini). La grande croce, come “segno di fede e di resurrezione per le vittime – afferma l’arciprete don Giacomo Sgroi – e di speranza per i familiari e per l’intera comunità carinese”, riporta incisi tutti i nomi di quanti perirono nel disastro di quel DC-8.